venerdì 15 febbraio 2008

Progetto Comunità Autonome


L’hanno chiamata piccola, grande Italia: è quella dei comuni minori, degli antichi centri che contano ormai poche centinaia di abitanti, dei borghi in via d’estinzione. E’ l’Italia, forse sconosciuta, che rischia di sparire, con tutta la ricchezza di storia e tradizioni che costituisce probabilmente uno dei sostrati principali della cultura del nostro Paese. Non solo Rocca Calascio, ma una lista di piccoli paesi che sembrano destinati a un declino inevitabile. Qualcosa, però, si sta cominciando a fare.

Secondo il 14° censimento italiano (dati provvisori), sono 5838 i comuni considerati piccoli, vale a dire con meno di 5000 abitanti. In totale, rappresentano ben il 72,1% dei comuni del nostro Paese. Non tutti, ovviamente, corrono il "rischio estinzione". Qualcosa, però, vorrà pur dire il fatto che nel 2001 sia stata presentata in Parlamento una proposta di legge dal titolo "Misure per il sostegno delle attività economiche, agricole, commerciali e artigianali e misure per la valorizzazione del patrimonio naturale e storico-culturale dei comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti".

La proposta, si legge, mira a salvaguardare quell’Italia "a rischio progressivo di estinzione". Le misure indicate nel progetto puntano a migliorare strutture e servizi e, in generale, le condizioni di vita soprattutto in quei piccoli centri dove le difficoltà e l’isolamento spingono la popolazione ad andare via. L’iniziativa "Piccola Grande Italia" (alla quale hanno aderito, tra gli altri, il Corriere della Sera e Legambiente) si ispira a esperienze simili già attuate in altre zone d’Europa.


Gli italiani preferirebbero abbandonare la metropoli per andare ad abitare in zone più tranquille, dove, nonostante le difficoltà, la qualità della vita resta comunque elevata e si sta meglio con se stessi e con la propria natura di esseri umani. A patto, però, di trovarvi il minimo indispensabile: negozi, un ufficio postale, una banca, una farmacia.

Esistono, in Italia, comuni nei quali non rimangono che poche decine di abitanti, a volte solo un paio di famiglie. E’ il caso di Morterone, in provincia di Lecco, che risulta essere il comune più piccolo d’Italia, con solo 33 residenti.

Secondo gli esperti, lo spopolamento di vaste aree - soprattutto pedemontante, montane e insulari - hanno nel secondo dopoguerra assunto caratteri strutturali delineando un’Italia che possiamo definire del ‘disagio insediativo’ che interessa tutto l’arco alpino, soprattutto ligure, piemontese, lombardo e friulano, si concentra lungo la dorsale appenninica ligure, tosco-emiliana e centro meridionale, nelle parti montuose della Sicilia e della Sardegna; attecchisce nel robusto ‘piede d’appoggio’ meridionale, risale gli Appennini dalla Calabria all’Abruzzo, interessando pesantemente la Basilicata, dove 97 comuni sono a rischio progressivo di estinzione, e si apre, affievolendosi, verso nord, secondo una biforcazione che tocca aree interne delle Marche e della Toscana Meridionale.

Il fenomeno, dunque, è di ampia portata. Se è difficile fare una mappa esaustiva dei centri abbandonati (siano essi comuni o frazioni), appare evidente che il problema interessa insomma quasi tutte le regioni italiane.


Consiglio di leggere il rapporto "Investire nel BelPaese" (SCARICA PDF), presentato da Legambiente e Confcommercio nell’ottobre 2001. L’analisi si focalizza sui comuni con meno di 2000 abitanti, vale a dire quelli sull’orlo o in via d’estinzione. Essi rappresentano il 45% del totale. Il rapporto evidenzia in primo luogo le differenze tra situazioni e contesti: "si passa dall’Italia delle produzioni tipiche, di forte attrattività turistica e generosi standard di vita - dove la dimensione contenuta della collettività è un ulteriore plus qualitativo - ai municipi con cittadini anziani e/o depauperati, afflitti da servizi insufficienti, non in grado di esprimere forme di manutenzione dell’ambiente, valorizzazione e competitività del territorio che vadano oltre la faticosa gestione del quotidiano". Insomma, realtà diverse anche tra comuni di medesima grandezza.

Secondo il rapporto, "la prima caratteristica rilevante che emerge dall'analisi della distribuzione territoriale dei comuni analizzati, riguarda il forte legame con le aree montane". Ma secondo gli analisti, non si può dire che il disagio abita in montagna. "La marginalità è influenzata più dal modello insediativo generale che da condizioni specifiche". In altre parole, piccoli comuni, anche di montagna, non soffrono alcun disagio se sono inseriti in un contesto di sviluppo e di vivace realtà economica e sociale.


Ma se si prendesse uno di questi paesi con scarsa popolazione o uno di quelli interamente abbandonati e lo si ristrutturasse sia edilmente, socialmente e funzionalmente si potrebbe costituire un'autonoma comunità fondata sull'uguaglianza e sulla condivisione dei beni? Perchè dobbiamo assolutamente farci gestire dallo Stato, che come sappiamo non sa neanche gestire i più piccoli problemi dell'Italia?
Mi sto interessando all'argomento e spero un giorno di poter avere in mano un progetto realizzabile, che conduca alla rigenerazione della nostra storia e delle nostre tradizioni, senza religioni, stati dittatoriali, leggi su leggi e confuzione moderna.

1 commento:

Anonimo ha detto...

interessante ma difficile, dovresti trovare un posto senza interessi dove nessuno possa recriminare o mettere il naso in futuro. in più dovresti rimetterlo in piedi dato che se non ha interessi non ha neanche il tetto sulle case. in fine dovresti fare in modo con le altre persone di non creare una situazione, almeno estetica, troppo positiva altrimenti recrimineranno con le solite leggi mafiose italiane e vi distruggeranno e ruberanno il tutto. comunque in bocca al lupo.

ciao A.