lunedì 18 ottobre 2010

Lavoratori precari, un futuro senza pensione

La notizia è arrivata e conferma la peggiore delle ipotesi. Rimarrà sotto traccia per ovvi motivi, anche se in Rete possiamo farla circolare. Se siete precari sappiate che non riceverete la pensione. I contributi che state versando servono soltanto a pagare chi la pensione ce l'ha garantita. Perché l'Inps debba nascondere questa verità è evidente: per evitare la rivolta. Ad affermarlo non sono degli analisti rivoluzionari e di sinistra ma lo stesso presidente dell'istituto di previdenza, Antonio Mastropasqua che, come scrive Agoravox, ha finalmente risposto a chi gli chiedeva perché l'INPS non fornisce ai precari la simulazione della loro pensione futura come fa con gli altri lavoratori: "Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale".

Intrage scrive che l'annuncio è stato dato nel corso di un convegno: la notizia principale sarebbe dovuta essere quella che l'Inps invierà, la prossima settimana, circa 4 milioni di lettere ai parasubordinati, dopo quelle spedite a luglio ai lavoratori dipendenti, per spiegare come consultare on line la posizione previdenziale personale. Per verificare, cioè, i contributi che risultano versati.



La seconda notizia è che non sarà possibile, per il lavoratore parasubordinato, simulare sullo stesso sito quella che dovrebbe essere la sua pensione, come invece possono già fare i lavoratori dipendenti. Il motivo di questa differenza pare sia stato spiegato da Mastrapasqua proprio con quella battuta. Per dire, in altre parole, che se i vari collaboratori, consulenti, lavoratori a progetto, co.co.co., iscritti alla gestione separata Inps, cioè i parasubordinati, venissero a conoscenza della verità, potrebbero arrabbiarsi sul serio. E la verità è che col sistema contributivo, i trattamenti maturati da collaboratori e consulenti spesso non arrivano alla pensione minima.

I precari, i lavoratori parasubordinati come si chiamano per l'INPS gli "imprenditori di loro stessi" creati dalle politiche neoliberiste, non avranno la pensione. Pagano contributi inutilmente o meglio: li pagano perché l'INPS possa pagare la pensione a chi la maturerà. Per i parasubordinati la pensione non arriverà alla minima, nemmeno se il parasubordinato riuscirà, nella sua carriera lavorativa, a non perdere neppure un anno di contribuzione.

L'unico sistema che l'INPS ha trovato per affrontare l'amara verità, è stato quello di nascondere ai lavoratori che nel loro futuro la pensione non ci sarà, sperando che se ne accorgano il più tardi possibile e che facciano meno casino possibile.

Quindi paghiamo i nostri contributi che non rivedremo sotto forma di pensione. Se reagiamo adesso, forse, abbiamo ancora la speranza di una pensione minima.



venerdì 1 ottobre 2010

450.000 disoccupati? Mandiamoli in guerra!

“Allenati per la vita” è il suo nome. Addestramento paramilitare in età scolare è ciò che è. Il progetto, promosso dal Ministero dell’Istruzione e dal Ministero della Difesa, si pone come scopo principe quello di far vivere ai giovani delle Scuole superiori esperienze di sport e giochi di squadra, ma anche (leggendo il piano d’offerta formativa verrebbe da dire soprattutto) introdurre corsi specifici e prove tecnico/pratiche, per avvicinare la realtà scolastica alle Forze Armate, ai Corpi dello Stato, alla Protezione Civile e Gruppi Volontari di Soccorso.

Incontri Esercito-Scuola, così vengono definiti nella presentazione ufficiale della Regione Lombardia: il protocollo, firmato il 5 ottobre 2009 dal Dirigente Scolastico Regionale Lombardia, Giuseppe Colosio, e dal Comandante Militare Esercito Lombardia, il generale Camillo de Milano, coinvolge circa 800 studenti lombardi, 140 istruttori militari in congedo, 27 docenti e 38 scuole superiori.

Il progetto prevede un corso di formazione, costituito da sei incontri specifici, e da una competizione provinciale tra i più meritevoli. I sei incontri prevedono cultura militare, armi e tiro (con pistole e fucili ad aria compressa e tiro con l’arco), difesa nucleare, batteriologica e chimica, trasmissioni, sopravvivenza in ambienti ostili, insomma un vero e proprio addestramento paramilitare.

Alla fine del corso è prevista una competizione a livello provinciale, tra “pattuglie di cadetti” (ovvero le squadre composte da studenti). Paragonarlo ad altre attività, come ad esempio l’orienteering, è un errore: i ragazzi ricevono un vero e proprio addestramento militare da ex militari in congedo.

Secondo gli ideatori dell’iniziativa, tale “progetto formativo” risponde anche all’esigenza di combattere il fenomeno del bullismo, grazie al lavoro di squadra che aumenta l’autostima e il senso di appartenenza al gruppo (difatti negli ambienti militari il bullismo si chiama “nonnismo”).

Più che “una scelta che sa di antico”, come ha definito il progetto il settimanale Famiglia Cristiana, tale protocollo potrebbe essere interpretato come carenza del personale nell’Esercito (da qui la necessità di fare recruiting), ma anche e soprattutto come scarsità dell’offerta formativa che il Ministero dell’Istruzione dovrebbe garantire.

Fino a pochi anni fa i reduci (più e meno giovani) venivano accolti nelle scuole ed ascoltati con rispetto, soprattutto quando urlavano agli studenti di quanto la guerra faccia orrore, e di quanto questo orrore non si riesca facilmente a cancellare. Oggi accade che i militari piombino nelle scuole per reclutare cadetti da avviare alla carriera, esattamente come avviene negli Stati Uniti, dove i recruiters dell’US Force battono i marciapiedi davanti alle scuole dei quartieri più disagiati, vendendo la guerra come opportunità.


da: Andrea Spinelli Barrile
AgenziaRadicale

martedì 7 settembre 2010

Immeritata vendetta della Natura

Lo scatto che ritrae due fratellini coperti di mosche ha risvegliato le coscienze sull'emergenza delle alluvioni. Sembra un quadro, ma è la drammatica realtà: quella di una crisi di fronte a cui il mondo ha chiuso gli occhi. Cosa facciamo davanti a questa foto?

di ADRIANO SOFRI



Quella foto del bimbo pakistano simbolo dell'orrore dimenticato

La prima cosa che si pensa - no, viene prima di pensare: la prima cosa che si spera - è che sia un fotomontaggio, o una di quelle escogitazioni che prendono il nome di arte, che qualcuno abbia sparpagliato manciate di mosche finte a macchiare il quadro coi bambini e il pavimento di fango e stracci sul quale sono sdraiati. Poi ci si forza a guardare, l'insieme e i dettagli. L'insieme colpisce tanto più perché è una "bella fotografia", dalla composizione geometrica, le due teste accostate in primo piano, di cui si capisce che sono di bambini vivi, perché uno è attaccato al biberon, sia pure senza sollevarsi, l'altro punta il braccio destro al suolo, benché anche lui senza tirarsi su. Il biberon è vuoto. Ce n'è un'altra bottiglietta, di plastica, vuota anche quella, per terra un po' più in là. Sul biberon ci sono davvero le api finte, e uno scorcio di scritta che dice: Honey. È geografia, serve a misurare la lontananza. I due bambini in secondo piano dormono e senza il confronto coi due del primo piano sembrerebbero senza vita, avvolti alla rinfusa negli stracci. Perfino i colori sembrano sapienti, con la simmetria di rossi nella metà a sinistra di chi guarda.

Chi ha guardato per primo e fotografato questo quadro si chiama Mohammad Sajjad, deve aver avuto, subito prima, o subito dopo, l'impulso di cacciare quelle mosche, che del resto non si lascerebbero intimidire da un'intera armata. La fotografia, scattata il 31 agosto e distribuita dall'AP, ha fatto il giro del mondo, Internazionale l'ha pubblicata da noi a doppia pagina, il Guardian l'ha messa ieri in prima e la sua inviata, Rania Abouzeid, ha rintracciato i bambini e la loro famiglia. Sono scampati alle inondazioni che hanno infuriato sul Pakistan per più di un mese, come altri milioni, decine di milioni di sfollati. Vengono dal circondario di Peshawar, si sono accampati a un bordo di strada ad Azakhel, affiancano le auto che passano di lì e chiedono qualcosa. Questa famiglia, la madre Fatima, il padre Aslam Khan e i loro otto figli - i due in primo piano nella foto, Reza e Mahmoud, hanno due anni e sono gemelli - non sono nemmeno pachistani, ma profughi afgani, dunque scampati una volta alla disgrazia degli uomini e un'altra a quella della natura, e stanno ancora più indietro nella fila lunghissima degli infelici che tendono le mani. Ora stanno morendo di fame. "E' un mese che non hanno latte", dice la madre. Scrive la giornalista: "Quando l'abbiamo trovato, Reza era ancora attaccato allo stesso biberon. Era ancora vuoto". Prima Aslam viveva andando in giro in bicicletta a vendere pollame. Ora, attorno e dentro una tenda di fortuna, senza nessuna organizzazione umanitaria che gestisca il piccolo accampamento, senza acqua né soccorso sanitario, umani e altri animali sopravvivono nella sporcizia comune e le mosche la fanno da padrone. Per cacciarle, Fatima ha solo un ventaglio di foglie di bambù. E ha poco tempo e forze da spendere a far guerra alle mosche.

Gli stracci che si vedono nella fotografia sono tutto il loro patrimonio. Reza ha una maglietta stinta con la scritta "Apples", lettere dell'alfabeto latino, e dei disegni forse di farfalle. Nell'altra fotografia, scattata per il Guardian da Jason Tanner, ha una maglietta stinta con la scritta grande "Levi's". Tutti gli stracci sono firmati al mondo d'oggi, e anche i biberon vuoti sono colorati e allegri. La maglietta rossa del suo gemello lo copre solo fino alla pancia e ha uno strappo accanto alla cucitura. Le mosche sembrano disposte caoticamente, è probabile che si addensino e distribuiscano seguendo la sporcizia e gli umori.

I biologi chiamano commensalismo la vita comune di due esseri viventi in cui uno si ciba degli scarti dell'altro. Le mosche domestiche sono commensali dell'uomo. Queste, stanno addosso ai bambini, senza nemmeno curarsi di volare, come se i bambini stessi fossero scarti. Hanno ragione loro, hanno capito tutto? Nei giorni scorsi si è discusso, a proposito di un'idea di Hawkins, se Dio esista o no - davvero - ed eventualmente se non possa darsi il caso che Dio esista, ma non abbia creato il mondo. Non abbia creato i bambini, le inondazioni e le mosche.

Questa fotografia ha fatto un gran viaggio e ci ha portato addosso, alla distanza di un giornale tenuto fra le mani, di uno schermo di computer, i bambini Reza e Mahmoud e i loro fratellini e la miriade di mosche che li copre e s'insinua dentro gli occhi e le bocche. Non siamo più abituati a questa vista: ai bambini scartati sì, magari, succede anche in qualche greto di fiume nostro, ma alle mosche no. La carta moschicida è vietata da tempo, da noi, per ragioni igieniche. Così, benché ci sia arrivata così pericolosamente vicino, la fotografia dei bambini - la fotografia delle mosche - è destinata a tornarsene alla sua tenda di afa dolore ed escrementi. Da noi, un'immagine così la potremo trovare in qualche biennale, facsimili di bambini da esposizione o bambini veri, mosche vere o facsimili, perché bisogna pure che gli scandali avvengano, o almeno i facsimili di scandali.

Guardate: mentre scrivevo questo, mi sono interrotto due o tre volte per cacciare una mosca che mi volava fastidiosamente attorno, finché me ne sono accorto, e mi sono detto che quel gesto distratto avrebbe spiegato più del mio articolo e di altri diecimila. Mi sono anche ricordato dell'aneddoto su Giotto ragazzo, che dipinse di nascosto su un'opera di Cimabue, suo maestro, una mosca, e Cimabue cercava di cacciarla via.



FONTE: LaRepubblica.it

sabato 17 luglio 2010

“No. Io non sono un’amante degli animali!”


Il testo che segue è la traduzione dal francese di un articolo comparso parecchi anni fa sulla rivista “Le pigeon voyageur” (”Il Piccione Viaggiatore”) a firma di un adesso a quanto pare non più esistente gruppo LAIR e contiene un’interessante riflessione sull’espressione spesso usata nei confronti di chi è vegano e antispecista definito “amico” o “amante degli animali”.

Questa espressione, così come è spiegato nell’articolo, è spesso utilizzata per “definire” molte delle persone che scelgono di non nutrirsi di animali e che si battono affinché questi non vengano oppressi, sfruttati e torturati dall’uomo, ma è effettivamente molto riduttiva e inadatta a descrivere l’atteggiamento di una persona che non si limita ad “amare” gli animali o ad esserne amico così come il senso comune suggerisce, ma spinge la sua riflessione oltre questo tipo di relazione uomo-animale mettendo in pratica scelte che coinvolgono la propria vita come il diventare vegan o addirittura altre che si spingono ancora più in là divenendo attivisti per la liberazione animale, nutrendo sentimenti e agendo in modo lontano dalla semplice “zoofilia“.

All’interno del testo si fa riferimento a quest’espressione in modo molto negativo, la si definisce dispregiativa perché accomunerebbe le intenzioni e lo spirito di un antispecista a quelle di una persona che nutre tenerezza e affetto verso i cosiddetti animali da compagnia, ma rifiuta addirittura di voler vedere ciò che avviene all’interno di un macello limitandosi perciò a un approccio di “affezione” e che è comune anche a chi nella vita quotidiana invece di animali si nutre o addirittura svolge per lavoro attività che vanno decisamente contro la loro stessa sopravvivenza, limitando la propria prospettiva “animalista” ai propri animali d’appartamento come gatti e cani.

Riteniamo questo articolo molto interessante e stimolante, pensiamo che effettivamente questa definizione “larga” possa racchiudere in sé persone con approcci molto differenti al cosiddetto “animalismo” e perciò senza dubbio spinga a una riflessione su certi atteggiamenti di “amore” verso gli animali.

Traduzione a cura di Laboratorio Antispecista.

Fonte: Les Cahiers antispécistes n°1 (ottobre 1991)



Sono stanca di sentirmi dire dalle persone che apprendono che sono vegana ed anti-vivisezionista : “Oh! Certamente sei un’amante degli animali!“. Se avessi protestato a proposito dei pakistani che sono picchiati dal Fronte Nazionale, non penso che queste stesse persone mi avrebbero detto con lo stesso tono di compiacenza “Oh! Di certo hai sempre amato i Pakistani!”.

Essere contro lo sfruttamento e l’oppressione dei “ non-umani ” non ha niente a che vedere col fatto di essere “amanti degli animali.”

Di “amanti degli animali”, ce ne sono dappertutto. I ristoranti con carne a “gogo” ne sono pieni. I negozi di pellicce ne sono pieni.

Gli addestratori di circo si rivolgono in modo affettuoso agli animali che hanno addestrato a colpi di scariche elettriche e di pungiglioni.

L’autista del camion che trasporta degli animali verso i macelli lasciandoli per tre giorni senza acqua e senza cibo finché non hanno fatto ricorso al cannibalismo, ritorna ogni giorno a casa dalla sua donna e dal suo gatto.

Il vivisezionista, stanco dopo un pomeriggio di esperimenti su un animale non anestetizzato, ritorna a casa ed accarezza il suo cane…

Se questo è essere “amante degli animali”. No, io non amo gli animali in maniera particolare!

Non sono neppure sicura che l’idea di averne sia una buona idea. Perché il Battersea Dogs Home (S.P.A.) pratica l’eutanasia su cento cani la settimana, cani trovati abbandonati nelle vie – abbandonati sicuramente dagli “amici degli animali”.

Gli amici degli animali dichiarati sono abitualmente delle persone molto impressionabili.

Quando volete mostrar loro delle foto di vivisezione, replicano invariabilmente : “Oh no! Non potrei mai guardare! Mi sconvolgerebbe.” Preferiscono non sapere. Li si sente parlare di un tale che conoscevano che una volta era andato a visitare un macello e non potè dormire per una settimana e non riuscì neppure a mangiare più carne per quindici giorni e perciò diranno: “E’ un’esperienza terribile, ed io preferirei non sapere“.

È possibile visitare un macello. Non esiste però la stessa opportunità di visitare un laboratorio di vivisezione. I vivisettori badano molto a questo. I laboratori di sperimentazione animale sono chiusi per le forze dell’ordine, per i vostri deputati, per i rappresentanti delle leghe di protezione animale, per il pubblico, per gli “amanti degli animali”, sono chiusi per tutti.

Così gli animali possono essere avvelenati, accecati, resi pazzi, fatti a pezzi ancora vivi e coscienti, trapanati, picchiati, schiacciati per la soddisfazione e la curiosità dei vivisettori. Il pubblico non è là per vedere.

Ai miei occhi, “amante degli animali” è un termine dispregiativo, degradante, che sottintende un’inclinazione particolare per un mondo fatto di animaletti delicati ed affettuosi. Ciò fa pensare all’immagine di una bambina che getta delle briciole di pane per nutrire i passeri.

Le persone interessate dal movimento di liberazione animale non devono neppure necessariamente possedere un animale. Non parliamo loro attraverso le sbarre delle gabbie. Non acquistiamo foto di gattini che spuntano fuori da uno stivale.

E noi non dichiariamo mai col sorriso che siamo degli “amici degli animali”, scusandoci con questo per ogni azione messa in atto per combattere lo sciovinismo umano che è universale e senza fine e che fa parte della nostra vita quotidiana.

Gli animali sono l’ultima delle minoranze,

Dei perpetui ebrei in un perpetuo Stato nazista;

Degli eterni neri in un’eterna Africa meridionale;

Delle eterne donne in un’eterna Arabia poligama.

venerdì 9 luglio 2010

VIETATO VIETATO VIETATO VIETATO


Una notizia che non è apparsa sui grandi organi di informazione ma che è paradigmatica del gravissimo deficit democratico che sta vivendo il nostro Paese. Tre giovani studenti, animati dalla voglia di costruire un pezzo di verità attorno alla discarica della vergogna costruita all’interno del Parco nazionale del Vesuvio, con una telecamerina si sono recati presso la ex Sari di località Pozzelle, nel comune di Terzigno per riprendere il pattume lì sversato.

Ma forse non tutti sanno che nell’anno di grazia 2010, nel Paese del duo Bertolaso & Berlusconi filmare o fotografare un sito come quello di Terzigno, catalogato come “area di interesse strategico nazionale”, è reato, è vietato dalla legge. E infatti puntuale sul posto arriva una pattuglia dei carabinieri che ferma i tre giovani e li porta in Caserma e i tre giovani vengono denunciati a a piede libero per la violazione dell’articolo 650 del codice penale: “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità“.

È accaduto mercoledi 23 giugno nel pomeriggio a Terzigno: gli studenti erano saliti fino alla discarica per filmare l’attività dell’impianto, almeno dall’esterno. “L’ intenzione era quella di girare un documentario in grado di sensibilizzare quella parte di popolazione che pare non interessarsi affatto al problema delle discariche, inconsapevole dei gravi rischi di salute a cui va incontro. Volevo portare il documentario in visione nelle scuole, dargli risalto tramite internet: è assurdo ma già a partire da Pompei molta gente non è a conoscenza nè della discarica nè dei disagi che tanti cittadini di Boscoreale e Terzigno stanno vivendo.”

Questa la volontà dichiarata da Francesco Servino, uno dei tre giovani fermati. Volevano realizzare un documentario, una sorta di reportage amatoriale che, tuttavia, sarebbe servito a denunciare il paradosso di un sito di immondizia in una riserva naturale. I carabinieri che li hanno incrociati , glielo hanno impedito e li hanno formalmente denunciati alla procura della Repubblica. Il fatto grave ha creato una forte mobilitazione, attestati di solidarietà e tanta preoccupazione per questa limitazione della libertà di espressione .

In realtà il fatto rende esplicito quello che è avvenuto in Campania con la equiparazione,voluta da Bertolaso, degli impianti per la gestione dei rifiuti a siti militari strategici, facendo venir meno la possibilità di vigilanza e controllo da parte dei cittadini e delle stesse istituzioni locali. Una sorta di extraterritorialità che espropria le comunità locali da qualsiasi azione di tutela e che rappresenta il modello sperimentale su cui nei prossimi anni a il Governo vorrà cimentarsi con la realizzazione delle centrali nucleari. In realtà questo episodio rappresenta l’anticipazione della legge bavaglio, una intimidazione inaudita contro cui bisogna reagire energicamente. Ma in reltà dobbiamo porci anche una semplice domanda: ma cosa si vuole nascondere nella discarica di Terzigno? E oltre alla solidarietà ai giovani bisogna che sulla questione si apra una discussione nazionale e se c’è qualche oppositore in Parlamento batta un colpo!

martedì 6 luglio 2010

VITTORIA PER LE BALENE

Cari amici,

Ce l'abbiamo fatta! La proposta di legalizzare l'uccisione delle balene è affondata clamorosamente in Marocco – e la nostra campagna è stata di aiuto per spostare l'ago della bilancia.

In pochissime settimane, abbiamo costruito la più grande petizione per salvare le balene nella storia, firmata da uno straordinario 1.2 milione di noi in tutto il mondo e consegnato direttamente ad importanti delegati al meeting della Commissione Internazionale per la Caccia alle Balene. Alla fine, il divieto di caccia alle balene in vigore da 24 anni è stato appoggiato.

La lobby in favore della caccia alle balene ha tentato di usare favori politici per strappare un cosiddetto "compromesso" che stabilisse una quota per cacciare le balene, ma man mano che la tensione cresceva nei colloqui a porte chiuse, la nostra massiccia petizione è diventata una top story nelle notizie dal mondo della BBC, abbiamo lavorato con negoziatori amici ed altri partner per fare pressione dove era maggiormente necessaria e veicolare una maggiore attenzione globale.

Il Ministro dell'Ambiente australiano Peter Garrett ha ricevuto la nostra petizione per governi propensi a votare in favore alla presenza dei media mondiali ed a detto "Grazie mille Avaaz. È un grande piacere essere qui ed accettare questa petizione... Credo che le voci della gente in tutto il mondo debbano essre ascoltate. Io le ascoltero di certo oggi. "

La delegazione degli USA ci ha salutato dicendo: "Avaaz! abbiamo visto il vostro manifesto all'aereoporto!" ed i delegati sono stati colti mentre discutevano animatamente del gigantesco contatore in tempo reale della petizione collocato all'esterno del meeting visto che aveva superato abbondantemente il milione di firme.

Dopo il meeting, un negoziatore europeo ci ha detto: "Siamo riusciti a mantenere il bando al proprio posto...Avevo cercato la petizione online. Sono rimasto molto impressionato dalla velocità alla quale crescevano i numeri e di vedere persone firmare da ogni angolo del mondo."

Questa è un'importante vittoria per le balene – e per il potere dei cittadini di tutto il mondo – insieme abbiamo dimostrato che le decisioni internazionali possono essere modificate con un piccolo sforzo al momento giusto da parte di molte persone in ogni parte del mondo.

Ma vincere questa battaglia non garantisce ancora la salvezza delle balene – la flotta "scientifica" di baleniere del Giappone continua a salpare dal porto attraverso le scappatoie sfuggite alla IWC per uccidere centinaia di balene.

Per vincere definitivamente, dobbiamo continuare la campagna per rafforzare e riformare la Commissione per la Caccia alle Balene e per mobilitarci in nazioni favorevoli alla caccia come il Giappone – dove il Consiglio dei Ministri conosce Avaaz e abbiamo cambiato la politica ambientale in passato.

Possiamo farlo se abbastanza di noi contribuiscono con una piccola somma settimanale. Abbiamo raggiunto 6.000 donatori regolari – se arriviamo a 10.000 possiamo iniziare a finanziare la campagna in Giappone ed altre importanti nazioni adesso. Clicca qui per diventare un sostenitore di Avaaz e far in modo che avvenga:

https://secure.avaaz.org/it/whales_reportback_6/?vl

Nell'arco della sua breve vita, il nostro movimento è esploso grazie ad una semplice idea democratica: che il potere della gente può affermarsi e vincere contro potenti interessi particolari. Che si tratti di difendere le balene, contrastare la corruzione, sostenere movimenti democratici autentici o combattere per un trattato globale sul clima, ci stiamo aggregando per colmare la lacuna tra il mondo che abbiamo e quello che vogliamo.

Adesso, se abbastanza di noi contribuiranno con una piccola somma in favore di campagne auto-finanziate dai membri Avaaz, avremo la forza di ottenere molte altre vittorie. Clicca qui adesso per donare:

https://secure.avaaz.org/it/whales_reportback_6/?vl

Con speranza,

Ricken, Alice, Paul, Mia, Ben, Luis, David, Graziela, Milena e l'intero team Avaaz




SONO FELICISSIMO DI QUESTA OTTIMA NOTIZIA.
GRAZIE A TUTTI I VOTANTI, CONTINUIAMO COSI' :D

venerdì 21 maggio 2010

L'ABRUZZO MUORE E NOI MUTI


La piu' grande discarica abusiva d'Italia

2007

340 tonnellate di rifiuti nella discarica di Bussi, nel pescarese.

Disastro ambientale ed avvelenamento delle acque destinate al consumo umano sono i reati collegati alla scoperta della più grande discarica abusiva d’Italia, scoperta dalla forestale in Abruzzo.

185 mila metri cubi di sostanze tossiche e pericolose sono state sepolti a 5-6 metri di profondità vicino a Bussi (Pescara) in un terreno vicino al fiume Pescara. Ci sono cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, tricloroetilene, triclorobenzeni e metalli pesanti. Dai primi rilievi, Forestale e Procura ritengono che l’inizio dell’utilizzo del terreno – nel 1999 ceduto dalla Montedison ad una società immobiliare di Milano riconducibile sempre alla Montedison – come discarica risalga a diversi decenni fa, molto prima dello stabilimento della Solvay, di cui si esclude un coinvolgimento.

Per bonificare al zona bisognerà rimuovere 240 mila tonnellate di terra e il costo stimato di tale operazione si aggira intorno ai 58 milioni di euro (che al momento non si sa dove recuperare). Bisognerà anche trovare una discarica sicura (che non faccia percolare nella falda altre schifezze) e grande abbastanza da contenere la massa enorme del terreno da smaltire.

Per il sostituto procuratore della Repubblica di Pescara, Aldo Aceto, che conduce le indagini: «il danno è di proporzioni gigantesche». Molte delle sostanze inquinanti sono state assorbite dal terreno, finendo nelle acque del vicino fiume Pescara: si escludono, al momento, problemi per l’acqua potabile. Secondo gli investigatori la discarica individuata, comunque, «è solo la punta di un iceberg»: si pensa che l’area in cui sono stati interrati i rifiuti sia molto più vasta.

Dante Caserta, Presidente del Wwf Abruzzo, ha raccontato gli effetti del sopralluogo sui tecnici, che dovrebbero essere abituati a spettacoli simili: “Siamo attoniti di fronte alle foto raccapriccianti raccolte durante i sopralluoghi: lastre di metri di spessore ed estese per decine di mq di cristalli di sostanze tossiche; materiali di ogni colore immaginabile; tecnici che si sono sentiti male nonostante maschere e tute di protezione.”



2010

IL PROCESSO

Pescara - Il gup del tribunale di Pescara, Luca De Ninis, si è pronunciato sull'ammissibilità delle parti civili nell'ambito dell'udienza sulla discarica di Bussi. Il giudice ha ammesso il ministero dell'Ambiente, la Regione Abruzzo, la Provincia di Pescara, i Comuni di Bussi, Castiglione e Tocco da Casauria, la Solvay Spa, Solvay Solexis, Solvay Sa. Tra le assciazioni il WWF, Legambiente, Italia Nostra, Lega anticaccia, Lida onlus, Codici onlus, e alcuni cittadini che hanno diretta relazione con il sito. Non sono stati ammessi i lavoratori, le associazioni Marevivo, Miladonnambiente, S.O.S. Utenti, Antana, Ecoistituto, i Comuni di Pescara, Chieti e Torre de’ Passeri. Intanto sarebbero stati acquisiti a Bussi altri documenti.
Il 4 e il 17 maggio prossimi si terranno le udienze preliminari sulla discarica, durante le quali si discuteranno le istanze istruttorie dei difensori. Nel corso dell'udienza di oggi la difesa dell'ex Montedison ha depositato dei documenti relativi alla manutenzione degli impianti e ha chiesto alla procura di acquisirli. Fra i reati contestati, a vario titolo, ai 27 imputati, avvelenamento delle acque, disastro colposo, commercio di sostanze contraffatte e adulterate, delitti colposi contro la salute pubblica, turbata libertà degli incanti, truffa. Fra gli imputati l'ex presidente dell'Aca, Bruno Catena, l'ex presidente dell'Ato, Giorgio D'Ambrosio, e alcuni amministratori della ex Montedison. Il gup De Ninis avrebbe l'intenzione di chiudere la vicenda entro metà giugno.



VEDI IL FILMATO SU REPUBBLICA TV

venerdì 7 maggio 2010

Grecia - 3 morti del potere

Dai media greci apprendiamo che tre impiegati di una banca di Atene sono rimasti uccisi a causa di un incendio appiccato dai manifestanti. Non si tratterebbe di un attacco attuato da gruppi di guerriglia, attivi nella distruzione dei luoghi del capitale ma non dei suoi lavoratori, bensì di un rogo scaturito dal lancio di molotov da parte dei manifestanti. Sono i primi morti in questa ondata di furia collettiva in risposta alle misure del governo, programmate per riparare a un fallimento del bilancio nazionale generato dai poteri finanziari e politici.

Seguono i commenti e una dichiarazione tratti da occupiedlondon - sito anarchico di riferimento per la traduzione in inglese delle lotte e delle azioni in grecia - Traduzione di informa-azione

Le tragiche morti di questa notte lasciano poco spazio ai commenti; siamo tutti davvero scioccati e profondamente rattristati da questo evento. A coloro che insinuano che queste morti possano essere state deliberatamente causate dagli anarchici, possiamo solo rispondere così: noi non prendiamo le strade, rischiando la nostra libertà e le nostre vite fronteggiando la polizia, con lo scopo di uccidere altre persone. Gli anarchici non sono assassini, e nessun tentativo di lavaggio del cervello, ad opera del primo ministro Papandreou, dei media nazionali e internazionali, deve riuscire a convincere chiunque del contrario.

Detto ciò, con gli sviluppi della vicenda che si susseguono freneticamente, vogliamo pubblicare la dichiarazione di un impiegato della Marfin Bank, nella cui filiale incendiata hanno trovato una tragica morte i tre impiegati.

[I compagni di occupiedlondon chiedono di diffondere il comunicato il più possibile]

“Mi sento in dovere, nei confronti dei miei colleghi oggi ingiustamente morti, di comunicare alcune obbiettive verità. Sto facendo pervenire questo messaggio a tutte le agenzie di stampa. Chiunque abbia ancora un po' di coscienza dovrebbe renderlo pubblico. I restanti possono continuare a fare il gioco del governo.

I vigili del fuoco non hanno mai rilasciato una licenza all'edificio in questione. L'approvazione per la sua operatività è avvenuta sottobanco, come avviene praticamente per tutti gli esercizi commerciali e le ditte in Grecia.

L'edificio in questione non è in possesso di alcun dispositivo di sicurezza, né installato né pianificato, non ci sono irrigatori dal soffitto, uscite di emergenza o idranti. Ci sono solo alcuni estintori portatili che, di certo, non sono in grado di contenere l'incendio di un edificio con standard di sicurezza obsoleti.

Nessuna filiale della Marfin Bank ha dipendenti addestrati a gestire un incendio, nemmeno all'uso corretto dei pochi estintori di cui siamo in possesso. I manager usano come pretesto il costo elevato di tali addestramenti per non attuare le misure basilari per la protezione dei propri dipendenti.

Non c'è mai stata un'esercitazione di evacuazione dell'edificio, né una dimostrazione dei vigili del fuoco per istruire lo staff su come reagire a simili situazioni. Le uniche forme di addestramento attuate alla Marfin Bank hanno riguardato l'evacuazione dei “pezzi grossi” dai propri uffici in caso di attacchi terroristici.

L'edificio in questione, nonostante la vulnerabilità della conformazione e dei materiali, dai pavimenti ai soffitti, non è dotato di rifugi antincendio. Materiali altamente infiammabili come carta, plastica, cavi, mobilio. L'edificio è obbiettivamente costruito in modo inadatto ad ospitare una banca.

Nessun membro della sicurezza interna è a conoscenza di tecniche di primo soccorso o antincendio, nonostante siano incaricati della gestione della sicurezza dell'edificio. Gli impiegati della banca devono improvvisarsi addetti alla sicurezza o pompieri in base agli umori di Mr. Vgenopoulos [proprietario di Marfin Bank].

I dirigenti della banca hanno proibito ai dipendenti di abbandonare il lavoro, sebbene questi lo avessero chiesto dalle prime ore della mattina. I dirigenti intimavano di chiudere gli accessi e confermavano, via telefono, che l'edificio doveva restare chiuso [con i dipendenti dentro], arrivando anche a bloccare gli accessi internet per evitare che i dipendenti potessero comunicare con l'esterno.

Da giorni oramai è in atto la volontà di ricattare i dipendenti della banca riguardo le mobilitazioni di questi giorni, con l'offerta verbale “o resti a lavorare o sei licenziato”.

I due poliziotti in borghese, stanziati regolarmente per la prevenzione delle rapine, oggi non si sono presentati presso la filiale, nonostante la direzione avesse rassicurato i dipendenti del contrario.

In fine signori [della banca], fate la vostra autocritica e smettetela di fingere di essere scioccati. Siete responsabili per quanto accaduto, e in un qualunque stato di diritto (come quelli che usate di volta in volta come esempi chiave negli show televisivi) verreste arrestati per le vostre scelte sopracitate. Oggi i miei colleghi hanno perso la vita per malizia: la malizia di Marfin Bank e di Mr.Vgenopoulos in persona, che ha esplicitamente dichiarato che chi non si fosse presentato a lavoro [nel giorno dello sciopero generale del 5 maggio] avrebbe potuto restare a casa anche quelli successivi perché licenziato.

Un impiegato di Marfin Bank"

Dichiarazione originale in greco:

LINK

venerdì 30 aprile 2010

Abruzzo Disoccupato

25 mila posti di lavoro persi in Abruzzo nel 2009

SETTORI

Agricoltura: 5 mila posti
Industria: 7 mila posti
Terziario: 13 mila posti


34 milioni di ore di cassa integrazione in Abruzzo nel 2009

Fonte CGIL

mercoledì 28 aprile 2010

Disumani Umani - Balene


BALENE IN PERICOLO!

La Commisssione Internazionale per la Caccia alle Balene ha appena reso nota la proposta di legalizzare la caccia alle balene per fini commerciali per la prima volta in 24 anni.

Adesso, le nazioni stanno decidendo se sostenerla o respingerla.IL Ministro degli Esteri della Nuova Zelanda ha già descritto alcuni provvedimenti come “inaccettabili”, “irritabili” e “offensivi”.

Una massiccia protesta globale è necessariaadesso, mentre altre nazioni chiave scelgono come reagire. Avaaz consegnerà questa petizione ai delegati della Commissione ogni qualvolta si aggiungono 100.000 firme -- firma in basso e diffondi il messaggio!



VOTATE LA PETIZIONE SE RISPETTATE LA VOSTRA TERRA.

PETIZIONE

mercoledì 14 aprile 2010

Scooter Elettrico - EV-Neo

"Proprio bello non è ma ma visto che è elettrico e, soprattutto, ha il marchio del primo produttore del mondo, la Honda Motor, lo scooter EV-neo merita attenzione, anche se tutti i suoi concorrenti sono miseramente falliti.

Lo scooter ha le dimensioni di un cinquantino e un'autonomia di oltre 30 km con un pieno di elettricità, sarà sui mercati a dicembre, ma solo per la clientela commerciale, poi si vedrà.

Al momento, in base a quanto emerso durante la presentazione a Wako, alle porte di Tokyo, Honda non ha in programma la vendita di EV-neo all'estero, anche se l'obiettivo naturale è la Cina, con la sua domanda in costante crescita che ad esempio vale ora 17 milioni solo per le bici elettriche. "C'è ancora da lavorare sul costo e sulle performance dello scooter per poterlo rendere sostenibile da un punto di vista commerciale", spiega Toshiyuki Inuma, general manager della divisione moto.

Nessuna indicazione sul prezzo dello scooter che sarà più o meno simile a quello di un corrispondente mezzo a benzina. Quanto alle caratteristiche tecniche, le batterie al litio fornite da Toshiba si possono ricaricare all'80% in 20 minuti grazie a un caricatore rapido, o del tutto in 4 ore a una presa normale."

sabato 3 aprile 2010

NATURA IN ESTINZIONE


"La natura è l'universo considerato nella sua forma, nella totalità dei fenomeni e delle forze che in esso si manifestano, dai fenomeni del mondo fisico a quelli della vita in generale."

Passa il tempo, gli anni si avvicendano, l'aria ci manca tutt'attorno e la voglia e gli sforzi si fanno sempre più pesanti. Un pianeta, la vita, che ci manca da sotto i piedi, sempre più distante.
Sento l'empatia, che mi collega alle piante, agli animali ed agli altri esseri umani, lentamente scindersi, sciogliersi, defluire. Sento questo collegamento abbandonare il mio spirito e non posso fare granchè per riavvicinarmi.
Ho voglia di gridare a tutti gli uomini arrivisti, consumatori e ignoranti, il mio odio per loro, la mia passione interiore che mi spinge a voler, seppur con rammarico, un ecatombe dell'homo sapiens. Forse così potremmo tornare indietro nell'evoluzione e ristabilire gli equilibri oramai perduti per sempre.
E' tanto che penso alla vita del singolo in una società che va contro ogni legge naturale, una società che infligge e obbliga stili di vita che l'uomo mal sopporta, spinto unicamente dalla sopravvivenza, a costo della propria sanità fisica, mentale e di spirito. Per quei poveri uomini di poco senno in molti dobbiamo sottostare a questo stile di vita malato, becero e corrotto, che ci tramuta in forme fisiche di malvagità e di egoismo, guidando le nostre azione sempre nella direzione sbagliata... apparentemente giusta e motivata, a causa dell'oramai perdute regole morali e di rispetto del prossimo.

Io soffro... soffro l'accorciare delle mezze stagioni. Soffro nel vedere alberi fiorire e poi morire, nel giro di pochi giorni. Soffro nel vedere migrare sciami di farfalle che moriranno nel non trovare più i luoghi sacri per la loro migrazione. Soffro osservando da lontano i ghiacci che scompaiono, il cui futuro non è più segnato dalle decisione del padre Sole.
La mia sofferenza è la sofferenza di tutti.

Rispettiamo l'ambiente nel nostro piccolo, diamo una mano a migliorare la situazione, lottiamo contro le aberrazioni dell'uomo.



RISPETTO - AMORE - LIBERTA'