domenica 16 agosto 2009

Da "Il genio della perversione" di Edgar Allan Poe

"L’induzione a posteriori avrebbe condotto la frenologia ad ammettere, come innato e primordiale principio delle azioni umane, un qualcosa di paradossale che possiamo chiamare perversione, in mancanza di un termine più specifico, nel senso che intendo io, cioè di fatto un mobile senza movente, un motivo non motiviert. Per effetto dei suoi impulsi noi agiamo senza uno scopo comprensibile; oppure, se ciò può sembrare una contraddizione in termini, possiamo modificare la proposizione e affermare che, a causa di questi impulsi, noi agiamo per la ragione che non dovremmo. In teoria non c’è ragione più irragionevole, ma, di fatto, non ce n’è una più forte e, per alcune menti, in determinate condizioni, essa diventa assolutamente irresistibile. Non sono più sicuro di respirare di quanto non lo sia del fatto che la certezza del torto o dell’errore di una qualche azione è spesso un’invincibile forza che ci sospinge, e sola ci spinge verso il compimento di tale azione. Né questa incontenibile tendenza a fare il male per il gusto di farlo, ammette altri elementi di analisi o di soluzioni: è un impulso radicale primordiale, elementare.
Si dirà, ne sono certo, che quando persistiamo in certe azioni perché sentiamo che non dovremmo farlo, la nostra condotta non è che una variante di quella che ordinariamente scaturisce dalla combattività dei frenologi; ma una breve argomentazione basterà a mostrare la fallacia di questa idea. La combattività della frenologia ha la sua essenza nella necessità di auto-difesa, è la salvaguardia contro l’offesa, il suo principio riguarda il nostro benessere e quindi il desiderio di star bene viene eccitato insieme al suo svilupparsi. Ne consegue che il desiderio di star bene non può che crescere simultaneamente ad ogni principio che sia una semplice variante della combattività mentre nel caso di quella che io chiamo perversione, non solo non sorge il desiderio di star bene, ma esiste un sentimento fortemente antagonistico.
Un appello al proprio cuore è, dopo tutto, la migliore risposta al sofisma ora riportato."