“Allenati per la vita” è il suo nome. Addestramento paramilitare in età scolare è ciò che è. Il progetto, promosso dal Ministero dell’Istruzione e dal Ministero della Difesa, si pone come scopo principe quello di far vivere ai giovani delle Scuole superiori esperienze di sport e giochi di squadra, ma anche (leggendo il piano d’offerta formativa verrebbe da dire soprattutto) introdurre corsi specifici e prove tecnico/pratiche, per avvicinare la realtà scolastica alle Forze Armate, ai Corpi dello Stato, alla Protezione Civile e Gruppi Volontari di Soccorso.
Incontri Esercito-Scuola, così vengono definiti nella presentazione ufficiale della Regione Lombardia: il protocollo, firmato il 5 ottobre 2009 dal Dirigente Scolastico Regionale Lombardia, Giuseppe Colosio, e dal Comandante Militare Esercito Lombardia, il generale Camillo de Milano, coinvolge circa 800 studenti lombardi, 140 istruttori militari in congedo, 27 docenti e 38 scuole superiori.
Il progetto prevede un corso di formazione, costituito da sei incontri specifici, e da una competizione provinciale tra i più meritevoli. I sei incontri prevedono cultura militare, armi e tiro (con pistole e fucili ad aria compressa e tiro con l’arco), difesa nucleare, batteriologica e chimica, trasmissioni, sopravvivenza in ambienti ostili, insomma un vero e proprio addestramento paramilitare.
Alla fine del corso è prevista una competizione a livello provinciale, tra “pattuglie di cadetti” (ovvero le squadre composte da studenti). Paragonarlo ad altre attività, come ad esempio l’orienteering, è un errore: i ragazzi ricevono un vero e proprio addestramento militare da ex militari in congedo.
Secondo gli ideatori dell’iniziativa, tale “progetto formativo” risponde anche all’esigenza di combattere il fenomeno del bullismo, grazie al lavoro di squadra che aumenta l’autostima e il senso di appartenenza al gruppo (difatti negli ambienti militari il bullismo si chiama “nonnismo”).
Più che “una scelta che sa di antico”, come ha definito il progetto il settimanale Famiglia Cristiana, tale protocollo potrebbe essere interpretato come carenza del personale nell’Esercito (da qui la necessità di fare recruiting), ma anche e soprattutto come scarsità dell’offerta formativa che il Ministero dell’Istruzione dovrebbe garantire.
Fino a pochi anni fa i reduci (più e meno giovani) venivano accolti nelle scuole ed ascoltati con rispetto, soprattutto quando urlavano agli studenti di quanto la guerra faccia orrore, e di quanto questo orrore non si riesca facilmente a cancellare. Oggi accade che i militari piombino nelle scuole per reclutare cadetti da avviare alla carriera, esattamente come avviene negli Stati Uniti, dove i recruiters dell’US Force battono i marciapiedi davanti alle scuole dei quartieri più disagiati, vendendo la guerra come opportunità.
da: Andrea Spinelli Barrile
AgenziaRadicale
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