sabato 17 luglio 2010

“No. Io non sono un’amante degli animali!”


Il testo che segue è la traduzione dal francese di un articolo comparso parecchi anni fa sulla rivista “Le pigeon voyageur” (”Il Piccione Viaggiatore”) a firma di un adesso a quanto pare non più esistente gruppo LAIR e contiene un’interessante riflessione sull’espressione spesso usata nei confronti di chi è vegano e antispecista definito “amico” o “amante degli animali”.

Questa espressione, così come è spiegato nell’articolo, è spesso utilizzata per “definire” molte delle persone che scelgono di non nutrirsi di animali e che si battono affinché questi non vengano oppressi, sfruttati e torturati dall’uomo, ma è effettivamente molto riduttiva e inadatta a descrivere l’atteggiamento di una persona che non si limita ad “amare” gli animali o ad esserne amico così come il senso comune suggerisce, ma spinge la sua riflessione oltre questo tipo di relazione uomo-animale mettendo in pratica scelte che coinvolgono la propria vita come il diventare vegan o addirittura altre che si spingono ancora più in là divenendo attivisti per la liberazione animale, nutrendo sentimenti e agendo in modo lontano dalla semplice “zoofilia“.

All’interno del testo si fa riferimento a quest’espressione in modo molto negativo, la si definisce dispregiativa perché accomunerebbe le intenzioni e lo spirito di un antispecista a quelle di una persona che nutre tenerezza e affetto verso i cosiddetti animali da compagnia, ma rifiuta addirittura di voler vedere ciò che avviene all’interno di un macello limitandosi perciò a un approccio di “affezione” e che è comune anche a chi nella vita quotidiana invece di animali si nutre o addirittura svolge per lavoro attività che vanno decisamente contro la loro stessa sopravvivenza, limitando la propria prospettiva “animalista” ai propri animali d’appartamento come gatti e cani.

Riteniamo questo articolo molto interessante e stimolante, pensiamo che effettivamente questa definizione “larga” possa racchiudere in sé persone con approcci molto differenti al cosiddetto “animalismo” e perciò senza dubbio spinga a una riflessione su certi atteggiamenti di “amore” verso gli animali.

Traduzione a cura di Laboratorio Antispecista.

Fonte: Les Cahiers antispécistes n°1 (ottobre 1991)



Sono stanca di sentirmi dire dalle persone che apprendono che sono vegana ed anti-vivisezionista : “Oh! Certamente sei un’amante degli animali!“. Se avessi protestato a proposito dei pakistani che sono picchiati dal Fronte Nazionale, non penso che queste stesse persone mi avrebbero detto con lo stesso tono di compiacenza “Oh! Di certo hai sempre amato i Pakistani!”.

Essere contro lo sfruttamento e l’oppressione dei “ non-umani ” non ha niente a che vedere col fatto di essere “amanti degli animali.”

Di “amanti degli animali”, ce ne sono dappertutto. I ristoranti con carne a “gogo” ne sono pieni. I negozi di pellicce ne sono pieni.

Gli addestratori di circo si rivolgono in modo affettuoso agli animali che hanno addestrato a colpi di scariche elettriche e di pungiglioni.

L’autista del camion che trasporta degli animali verso i macelli lasciandoli per tre giorni senza acqua e senza cibo finché non hanno fatto ricorso al cannibalismo, ritorna ogni giorno a casa dalla sua donna e dal suo gatto.

Il vivisezionista, stanco dopo un pomeriggio di esperimenti su un animale non anestetizzato, ritorna a casa ed accarezza il suo cane…

Se questo è essere “amante degli animali”. No, io non amo gli animali in maniera particolare!

Non sono neppure sicura che l’idea di averne sia una buona idea. Perché il Battersea Dogs Home (S.P.A.) pratica l’eutanasia su cento cani la settimana, cani trovati abbandonati nelle vie – abbandonati sicuramente dagli “amici degli animali”.

Gli amici degli animali dichiarati sono abitualmente delle persone molto impressionabili.

Quando volete mostrar loro delle foto di vivisezione, replicano invariabilmente : “Oh no! Non potrei mai guardare! Mi sconvolgerebbe.” Preferiscono non sapere. Li si sente parlare di un tale che conoscevano che una volta era andato a visitare un macello e non potè dormire per una settimana e non riuscì neppure a mangiare più carne per quindici giorni e perciò diranno: “E’ un’esperienza terribile, ed io preferirei non sapere“.

È possibile visitare un macello. Non esiste però la stessa opportunità di visitare un laboratorio di vivisezione. I vivisettori badano molto a questo. I laboratori di sperimentazione animale sono chiusi per le forze dell’ordine, per i vostri deputati, per i rappresentanti delle leghe di protezione animale, per il pubblico, per gli “amanti degli animali”, sono chiusi per tutti.

Così gli animali possono essere avvelenati, accecati, resi pazzi, fatti a pezzi ancora vivi e coscienti, trapanati, picchiati, schiacciati per la soddisfazione e la curiosità dei vivisettori. Il pubblico non è là per vedere.

Ai miei occhi, “amante degli animali” è un termine dispregiativo, degradante, che sottintende un’inclinazione particolare per un mondo fatto di animaletti delicati ed affettuosi. Ciò fa pensare all’immagine di una bambina che getta delle briciole di pane per nutrire i passeri.

Le persone interessate dal movimento di liberazione animale non devono neppure necessariamente possedere un animale. Non parliamo loro attraverso le sbarre delle gabbie. Non acquistiamo foto di gattini che spuntano fuori da uno stivale.

E noi non dichiariamo mai col sorriso che siamo degli “amici degli animali”, scusandoci con questo per ogni azione messa in atto per combattere lo sciovinismo umano che è universale e senza fine e che fa parte della nostra vita quotidiana.

Gli animali sono l’ultima delle minoranze,

Dei perpetui ebrei in un perpetuo Stato nazista;

Degli eterni neri in un’eterna Africa meridionale;

Delle eterne donne in un’eterna Arabia poligama.

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