lunedì 18 ottobre 2010

Lavoratori precari, un futuro senza pensione

La notizia è arrivata e conferma la peggiore delle ipotesi. Rimarrà sotto traccia per ovvi motivi, anche se in Rete possiamo farla circolare. Se siete precari sappiate che non riceverete la pensione. I contributi che state versando servono soltanto a pagare chi la pensione ce l'ha garantita. Perché l'Inps debba nascondere questa verità è evidente: per evitare la rivolta. Ad affermarlo non sono degli analisti rivoluzionari e di sinistra ma lo stesso presidente dell'istituto di previdenza, Antonio Mastropasqua che, come scrive Agoravox, ha finalmente risposto a chi gli chiedeva perché l'INPS non fornisce ai precari la simulazione della loro pensione futura come fa con gli altri lavoratori: "Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale".

Intrage scrive che l'annuncio è stato dato nel corso di un convegno: la notizia principale sarebbe dovuta essere quella che l'Inps invierà, la prossima settimana, circa 4 milioni di lettere ai parasubordinati, dopo quelle spedite a luglio ai lavoratori dipendenti, per spiegare come consultare on line la posizione previdenziale personale. Per verificare, cioè, i contributi che risultano versati.



La seconda notizia è che non sarà possibile, per il lavoratore parasubordinato, simulare sullo stesso sito quella che dovrebbe essere la sua pensione, come invece possono già fare i lavoratori dipendenti. Il motivo di questa differenza pare sia stato spiegato da Mastrapasqua proprio con quella battuta. Per dire, in altre parole, che se i vari collaboratori, consulenti, lavoratori a progetto, co.co.co., iscritti alla gestione separata Inps, cioè i parasubordinati, venissero a conoscenza della verità, potrebbero arrabbiarsi sul serio. E la verità è che col sistema contributivo, i trattamenti maturati da collaboratori e consulenti spesso non arrivano alla pensione minima.

I precari, i lavoratori parasubordinati come si chiamano per l'INPS gli "imprenditori di loro stessi" creati dalle politiche neoliberiste, non avranno la pensione. Pagano contributi inutilmente o meglio: li pagano perché l'INPS possa pagare la pensione a chi la maturerà. Per i parasubordinati la pensione non arriverà alla minima, nemmeno se il parasubordinato riuscirà, nella sua carriera lavorativa, a non perdere neppure un anno di contribuzione.

L'unico sistema che l'INPS ha trovato per affrontare l'amara verità, è stato quello di nascondere ai lavoratori che nel loro futuro la pensione non ci sarà, sperando che se ne accorgano il più tardi possibile e che facciano meno casino possibile.

Quindi paghiamo i nostri contributi che non rivedremo sotto forma di pensione. Se reagiamo adesso, forse, abbiamo ancora la speranza di una pensione minima.



venerdì 1 ottobre 2010

450.000 disoccupati? Mandiamoli in guerra!

“Allenati per la vita” è il suo nome. Addestramento paramilitare in età scolare è ciò che è. Il progetto, promosso dal Ministero dell’Istruzione e dal Ministero della Difesa, si pone come scopo principe quello di far vivere ai giovani delle Scuole superiori esperienze di sport e giochi di squadra, ma anche (leggendo il piano d’offerta formativa verrebbe da dire soprattutto) introdurre corsi specifici e prove tecnico/pratiche, per avvicinare la realtà scolastica alle Forze Armate, ai Corpi dello Stato, alla Protezione Civile e Gruppi Volontari di Soccorso.

Incontri Esercito-Scuola, così vengono definiti nella presentazione ufficiale della Regione Lombardia: il protocollo, firmato il 5 ottobre 2009 dal Dirigente Scolastico Regionale Lombardia, Giuseppe Colosio, e dal Comandante Militare Esercito Lombardia, il generale Camillo de Milano, coinvolge circa 800 studenti lombardi, 140 istruttori militari in congedo, 27 docenti e 38 scuole superiori.

Il progetto prevede un corso di formazione, costituito da sei incontri specifici, e da una competizione provinciale tra i più meritevoli. I sei incontri prevedono cultura militare, armi e tiro (con pistole e fucili ad aria compressa e tiro con l’arco), difesa nucleare, batteriologica e chimica, trasmissioni, sopravvivenza in ambienti ostili, insomma un vero e proprio addestramento paramilitare.

Alla fine del corso è prevista una competizione a livello provinciale, tra “pattuglie di cadetti” (ovvero le squadre composte da studenti). Paragonarlo ad altre attività, come ad esempio l’orienteering, è un errore: i ragazzi ricevono un vero e proprio addestramento militare da ex militari in congedo.

Secondo gli ideatori dell’iniziativa, tale “progetto formativo” risponde anche all’esigenza di combattere il fenomeno del bullismo, grazie al lavoro di squadra che aumenta l’autostima e il senso di appartenenza al gruppo (difatti negli ambienti militari il bullismo si chiama “nonnismo”).

Più che “una scelta che sa di antico”, come ha definito il progetto il settimanale Famiglia Cristiana, tale protocollo potrebbe essere interpretato come carenza del personale nell’Esercito (da qui la necessità di fare recruiting), ma anche e soprattutto come scarsità dell’offerta formativa che il Ministero dell’Istruzione dovrebbe garantire.

Fino a pochi anni fa i reduci (più e meno giovani) venivano accolti nelle scuole ed ascoltati con rispetto, soprattutto quando urlavano agli studenti di quanto la guerra faccia orrore, e di quanto questo orrore non si riesca facilmente a cancellare. Oggi accade che i militari piombino nelle scuole per reclutare cadetti da avviare alla carriera, esattamente come avviene negli Stati Uniti, dove i recruiters dell’US Force battono i marciapiedi davanti alle scuole dei quartieri più disagiati, vendendo la guerra come opportunità.


da: Andrea Spinelli Barrile
AgenziaRadicale